La battaglia di Desio - fondazione della torre

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La battaglia di Desio 1277
Desio giovedì 21 gennaio 1277 - Sant’Agnese
Esito Vittoria viscontea decisiva
• Caduta della signoria di Napoleone della Torre
• Ottone Visconti diventa de facto il nuovo signore di Milano


Schieramenti
Torriani
Visconti
Pavia Como Novara

Comandanti
Napoleone della Torre
Effettivi 1.400
Ottone Visconti
Effettivi 1.200
La battaglia di Desio ebbe luogo a Desio il 21 gennaio 1277 tra la famiglia Della Torre e quella dei Visconti per ottenere il controllo su Milano ed il suo contado.

La battaglia di Desio è la conclusione sanguinosa di una vicenda politica che riassume ed esemplifica bene la crisi di un sistema democratico e la sua trasformazione in regime autocratico, passato alla storia come "Signoria".

La guerra civile tra Torriani e Visconti

Gli istituti democratici del Comune di Milano che nel XII secolo avevano saputo dar vita a una classe dirigente capace di riunire il popolo del territorio milanese in una libera forza determinata e coesa, tanto da tener testa alle mire espansionistiche dell'Imperatore Federico Barbarossa, nel corso del XIII secolo vengono progressivamente svuotati del loro senso da una classe politica incapace che sui provvedimenti più importanti per la cosa pubblica riesce soltanto a dividersi, senza rendersi conto di generare sempre più malcontento e instabilità. Il partito al governo è quello che fa capo alla famiglia dei Della Torre, mentre l'opposizione si stringe attorno a quella dei Visconti.
Solo in maniera molto approssimativa e volendo semplificare il più possibile si può dire che il partito dei Visconti rappresentava gli interessi dei nobili e quello dei Della Torre stava dalla parte dei "populares": in realtà, entrambi i gruppi familiari nobiliari si proponevano alle masse come legittimi difensori degli interessi della Città e della sua gente.
I Della Torre, o Torriani (per via del simbolo araldico della Torre che ornava il loro stemma) imposero propri parenti e prestanome a tutti i più importanti ed influenti istituti politici della Città, in modo tale che il loro Governo non potesse più incontrare seri ostacoli giuridici e formali ed annullando di fatto il sistema di garanzie proto democratiche che gli Statuti del Comune avevano costruito e tenuto in vita. Grandi opere pubbliche, nuovi interventi urbanistici, una politica aggressiva di conquista di nuovi territori, davano al popolo milanese l'illusione di uno sviluppo inarrestabile del Comune. L'opposizione alla cui guida stavano i Visconti era focalizzata ad esacerbare gli animi della gente contro il Governo in carica.
Il 22 luglio 1262 Ottone Visconti venne nominato Arcivescovo di Milano, da Papa Urbano IV, deludendo le aspettative dei Torriani i quali premevano perché salisse alla cattedra arcivescovile il loro parente Raimondo della Torre, vescovo di Como. La nomina venne ufficialmente contestata, sulla base di una presunta appartenenza dei Visconti ai movimenti ereticali. I Visconti erano seguaci dei Catari, si cominciò a dire, fomentando l'odio confessionale. Quello che interessava era ovviamente il controllo dei ricchissimi beni ecclesiastici ma la propaganda tentò di nobilitare il conflitto facendolo passare per una sorta di crociata a difesa della vera fede. Fu la guerra civile.
Va detto che i sospetti di collegamenti con i movimenti ereticali dell'epoca, per quanto riguardava i Visconti, non erano fondati solo sulle maldicenze e sulla propaganda. La madre e la sorella di Ottone Visconti, Berta e Beatrice, sembrano essere state vicine ai movimenti ereticali di ispirazione catara dei Poveri di Concorezzo: la stessa Beatrice era diventata moglie di Egidio di Cortenova, espressamente dichiarato eretico da una bolla pontificale. Del resto, la posizione del borgo in cui Ottone aveva mosso i primi passi della sua carriera ecclesiastica, Desio, appunto, poteva favorire contatti con le sedi catare di Mariano Comense e di Concorezzo.
Intanto, la crisi economica si aggravò, cosa che il partito al Governo non sapeva impedire se non confidando in future e improbabili conquiste militari e inasprendo le misure di polizia e di mantenimento dell'ordine pubblico.

La battaglia: giovedì 21 gennaio 1277

La guerra civile, con alterne vicende, si protrasse per una dozzina di anni, inasprendosi sempre più: nel gennaio 1277 la situazione di crisi era ormai ai massimi livelli.
Le truppe dei Ribelli o dei Banditi (come i Torriani chiamavano le forze dei Visconti) stavano tentando un attacco da Nord: da Ovest e Sud, infatti, erano stati ripetutamente respinti con gravi perdite (si ricorda a proposito la Battaglia della Guazzera, combattuta nel 1276  lungo le rive di un fangoso torrentello in località Ranco, comune del territorio di Varese, a poca distanza da Angera, in cui perdettero la vita i principali generali ed esponenti familiari dei Visconti).
Moltissimi furono i nobili partigiani viscontei che caddero o furono fatti prigionieri. Tra essi una trentina furono decapitati sommariamente sulla piazza di Gallarate; fra loro: Goffredo di Langosco e Teobaldo Visconti nipote dell'arcivescovo.
i Visconti vengono sbaragliati; per Milano bisogna aspettare
I Della Torre stravincono sul campo e rimangono signori di Milano… per adesso

Gli scontri continuarono con vicende alterne fino al 21 gennaio 1277 quando i Torriani furono definitivamente sconfitti a Desio.

Le pianure e la brughiera (chiamata "groana") dell'Ovest, infatti, erano il campo di battaglia più favorevole per la potente cavalleria corazzata dell'esercito di Milano - da Nord invece, soprattutto dopo che Como, da sempre rivale di Milano, aveva deciso di unirsi alla causa ribelle, l'attacco a Milano sembrava più agevole.
Il territorio della Brianza infatti, con le sue colline addossate l'una all'altra e i suoi fitti boschi, rendeva più facili gli attacchi a sorpresa, le rapide e devastanti incursioni contro le colonne nemiche, e gli agguati ai convogli e ai rifornimenti che venivano dal Nord Europa - in particolare dalla Germania, alleata ufficiale del Comune di Milano, legato all'Impero tedesco da una sorta di vincolo di protettorato.
I generali milanesi si erano peraltro resi subito conto del pericolo che poteva rappresentare il territorio del Nord e per questo, già da qualche anno, avevano provveduto a far abbattere le fortificazioni brianzole per evitare che, cadute in mano dei Ribelli, ne potessero diventare capisaldi, creando una rete inattaccabile di fortificazioni e presidi.
Avevano però risparmiato le fortificazioni del borgo di Desio, paese a dieci miglia da Milano, perché proprio in questo centro abitato convergevano le tre strade che provenivano dai confini settentrionali: quella da Como, quella da Erba e quella da Lecco. Dalla torre di vedetta del borgo di Desio si potevano controllare i movimenti del nemico che tentasse una calata dal fronte settentrionale ed è proprio per questo che il 20 gennaio 1277 l'esercito milanese uscì dalla città per andare ad accamparsi nel borgo fortificato.

Il borgo doveva essere un crocevia importante: da tempo era capo di pieve e se pensiamo al fatto che Ottone Visconti, in gioventù, agli esordi della sua carriera ecclesiastica, era stato Canonico Prevosto proprio a Desio, riusciamo a intuire qualcosa dell'importanza non solo strategica del paese.
La strategia che avevano in mente i generali milanesi è facilmente ricostruibile: avevano cominciato a stanziare nel borgo circa 500 cavalieri corazzati che il giorno dopo sarebbero stati raggiunti dalla fanteria (e dal famoso Carroccio che da un secolo accompagnava simbolicamente la fanteria milanese), per arrivare così a un totale di circa 900 uomini.
A questi, in capo a pochi giorni, si sarebbero uniti altri 500 cavalieri corazzati, che avevano appena respinto un attacco ribelle alle porte di Lecco (probabilmente Civate, snodo fondamentale della strada che portava a Lecco, che lì si restringeva in un passaggio obbligato, chiusa a nord dal Monte Cornizzolo e dai Corni di Canzo e a Sud dal Lago di Annone, ma secondo altri i milanesi erano riusciti a fermare i ribelli già a Cantù).
L'idea era molto probabilmente quella di attaccare le forze ribelli da due lati: a quanto risultava, l'esercito dei Visconti era composto perlopiù da fanti e da arcieri, per un totale di circa 1200 uomini, e la pesante cavalleria milanese ne avrebbe avuto facilmente ragione. Sbaragliata l'avanguardia nemica, l'esercito torriano si sarebbe riunito in un unico contingente per muovere contro Como verso una vittoria che sarebbe stata certamente definitiva.
Ma ormai il Governo si era irrecuperabilmente inimicata la popolazione, mentre, dal canto loro, le forze dell'opposizione avevano abilmente cavalcato il malcontento e l'esasperazione della gente: fu così che quella notte gli abitanti di Desio tradirono il proprio Governo e passarono apertamente dalla parte dei Ribelli. Fu una corsa contro il tempo: una buona parte dell'esercito ribelle era già arrivato poco lontano da lì, a Seregno; ma se fossero arrivati i rinforzi milanesi che i Torriani attendevano da Lecco, i Visconti avrebbero dovuto ripiegare, e tornare verso Como. Era davvero questione di ore.
Ecco allora diventare determinante l'intervento del popolo desiano sulle cui modalità effettive le fonti sono divise, anche se concordano nell'indicarlo come fattore decisivo delle sorti della battaglia. Infatti c'è chi sostiene che nottetempo qualcuno (i più sono propensi a credere sia stato il nuovo Prevosto del Borgo, Don Leonardo - altre fonti invece parlano di un certo Malexeratis, infiltrato di Seregno) uscì dal borgo per andare ad avvertire i Visconti dell'ottima occasione che si presentava per un attacco a sorpresa; c'è chi dice invece che furono i Visconti ad attaccare per primi, convincendo la popolazione di Desio a ribellarsi e ad aprire le porte del borgo; fatto sta che all'alba del 21 gennaio 1277 l'attacco a sorpresa contro le forze del Governo riuscì e il borgo di Desio venne espugnato.
Dopo la battaglia: conseguenze e memoria
La battaglia fu vinta dai Visconti:

Francesco della Torre fu ucciso e il fratello Napo, il Signore di Milano, fu fatto prigioniero per essere portato a morire in carcere nella torre del Castel di Baradello, a Como.

I comaschi rinchiusero Napo in una gabbia di ferro e di travi esposto alle intemperie dove morì di inedia e disperazione l'anno dopo.

La Rocca di Angera
Un pregevole ciclo di affreschi, conservato solo in parte, nella Sala dello Zodiaco della Rocca di Angera rievoca i momenti salienti della vittoria dei Visconti, concentrandosi principalmente sulla figura dell'Arcivescovo: nella scena più famosa di questo ciclo si vede Ottone Visconti, a cavallo, che, avvolto in un mantello con cappuccio nero, magnanimamente leva la mano a impedire con gesto imperioso l'esecuzione di Napo Torriani il quale, inginocchiato nel fango, giunge le mani come implorando pietà, mentre un soldato con il simbolo dei Visconti dipinto sullo scudo (il famoso Biscione) sta per calargli la spada sul collo, pronto a decapitarlo senza tante cerimonie (forse è il giovane Conte Riccardo di Langosco che, come racconta Stefanardo, era pronto a vendicarsi così della morte del fratello Goffredo, fatto giustiziare da Napo dopo la Battaglia della Guazzera).
Sala della Giustizia, uno dei più importanti esempi del Gotico Internazionale in Lombardia
Affresco della battaglia di Desio
Affresco della battaglia di Desio
La resa di Napo della Torre a Ottone e l'esilio dei Torriani
Ingresso di Ottone Visconti a Milano
Lo stile e il tratto dei disegni ricordano quelli dei maestri miniaturisti d'oltralpe ed è per questo che la critica li attribuisce alle stesse mani che attorno al 1342-1356 avrebbero decorato i volumi di argomento cavalleresco della biblioteca che i Visconti avevano a Milano.
Va detto, peraltro, che dell'intervento dei Desiani negli affreschi non c'è traccia.
Ma si può sempre pensare che la scena della battaglia fosse descritta proprio in quella parte di affreschi distrutta dall'umidità.

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